L'ambiente deve «ringraziare» la crisi economica. Solo il
rallentamento globale dell'economia nel 2009 aveva fatto diminuire le
emissioni di anidride carbonica, il più diffuso gas serra. Nel 2010,
infatti, con la ripresa della produzione industriale su scala globale,
sono state sparate nell'atmosfera 30,6 miliardi di tonnellate
equivalenti di CO2, pari a un aumento del 5% delle emissioni rispetto
all'anno precedente. Lo rivela l'Agenzia internazionale di energia (Aie), secondo la quale le emissioni di biossido di carbonio l'anno scorso sono state «le più alte della storia».
LIMITI - Superato di slancio
quindi il precedente record di 29,3 gigatonnellate che risaliva al 2008.
Il problema consiste, riporta l'Aie, nel fatto che l'80%
dell'incremento delle emissioni relativo al settore energetico previsto
per il 2020 è già stato raggiunto, poiché è dovuto a impianti già
realizzati o in fase di costruzione. Tutto ciò mette fortemente in
dubbio il limite massimo di 2 gradi dell'incremento della temperatura media globale fissato al vertice di Cancun
dello scorso dicembre, come ha illustrato Fatih Birol, capo economista
dell'Aie (agenzia dell'Ocse). Per raggiungere questo obiettivo, però, è
necessario non superare il limite di 450 ppm (parti per milione) di gas
serra nell'atmosfera. Con l'incremento del 2010, invece, si è toccato il
tetto di 390 ppm solo per la CO2, al quale però vanno aggiunti gli
altri gas serra: metano soprattutto (1,75 ppm attuali) che produce un
effetto di riscaldamento globale decine di volte superiore all'anidride
carbonica, e poi ossido di azoto (0,3 ppm) con effetto di riscaldamento
centinaia di volte maggiore. L'analisi delle carote di ghiaccio estratte
nelle calotte polari dimostra che il livello di CO2 prima dell'inizio
della rivoluzione industriale era di 280 ppm.
AVVISO AL MONDO - «Le nostre
analisi sono un ennesimo avviso al mondo», ha commentato Birol. «Ci
avviciniamo già oggi al limite che invece dovrebbe essere raggiunto nel
2020. Se non verranno assunte decisioni drastiche, sarà molto difficile
rispettare l'accordo di Cancun». Gli studi geologici hanno dimostrato
che, durante le ere, quando si è raggiunto, per motivi naturali, il
limite di 500 ppm di anidride carbonica nell'atmosfera, si sono
innescati meccanismi di estinzione diffusa sul pianeta.
ACIDIFICAZIONE - Mentre veniva diffusa l'analisi dell'Aie, un nuovo studio che sarà pubblicato sul numero di giugno di Nature Climate Change,
lancia un nuovo allarme sull'acidificazione delle acque degli oceani.
Un'analisi effettuata dall'Università di Miami, dall'Istituto
australiano di scienze marine e in Germania dall'Istituto Max Planck di
microbiologia marina, ribadisce che l'acidificazione dei mari, insieme
all'aumento delle temperature dell'acqua farà diminuire entro la fine
del secolo in modo netto la biodiversità e le capacità di recupero degli
ecosistemi delle barriere coralline. Il pH degli oceani è sceso in
pochi anni da 8,2 a 8,1: sembra poco ma la scala è logaritmica. Gli
studosi hanno evidenziato che nel 2100 potrebbe arrivare a 7,7 e a quel
punto la sviluppo delle barriere coralline si bloccherà. L'acidità degli
oceani è legata alla quantità di CO2 disciolta: più l'acqua è calda,
maggiore è il rilascio di anidride carbonica gassosa. Se l'acqua è più
acida, gli organismi marini che costruiscono le conchiglie o il proprio
esoscheletro (placton) partendo dal carbonato di calcio disciolto in
acqua, rischiano di scomparire perché l'acidità fa sciogliere il loro
guscio di aragonite. E questi organismi sono alla base della catena
alimentare.
(fonte: Corriere della Sera, 30 Maggio 2011)
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